APPROFONDIMENTO A CURA DI RAFFAELE TRIGGIANI
REVOCA DEL FALLIMENTO
COMPENSO DEL CURATORE E SPESE DELLA PROCEDURA
L'art. 147 del DPR N. 115 del 30/05/2002 dispone che "in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, le spese della procedura fallimentare e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa; sono a carico del fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento". Abbiamo quindi tre soggetti che possono essere tenuti a sostenere le spese di giustizia, in dipendenza del comportamento delle parti: il creditore istante, il fallito persona fisica o, residualmente, l’Erario. L’art. 147 sopra citato ha abrogato il vecchio art. 21 L.F., dichiarato parzialmente incostituzionale (Corte Cost. 6/3/1975 n. 46).
La norma in pratica ipotizza che la dichiarazione di fallimento, poi revocata, possa derivare da un comportamento colposo del creditore istante o del debitore che potrebbero, con il loro operato, avere indotto in errore il Collegio giudicante in merito alla sussistenza dei presupposti necessari per l’apertura della procedura concorsuale. Pur nel silenzio della norma, la logica e la giurisprudenza ci dicono che nel caso in cui non sussista colpa del debitore o del creditore istante, o non si tratti di una impresa individuale, o il fallimento sia stato richiesto dal Pubblico Ministero, le spese rimangono a carico dell’Erario. Si ritiene infatti applicabile, in tal caso, l'art. 146 comma 3 lettera c) del DPR n.115 del 2002 che le imputa all'Erario paragonando il Curatore all'ausiliario del Magistrato.
Il classico e più frequente caso di colpa del debitore individuale nella erronea dichiarazione di fallimento, si ha quando lo stesso non si presenti all’udienza preliminare ex art. 15 L.F. e non produca quindi i documenti a prova dell’insussistenza dei requisiti di fallibilità o dello stato di insolvenza.
L’aspetto sostanziale è quindi chiaro, mentre emerge qualche problema dal punto di vista processuale. Se il Tribunale fallimentare è senza dubbio il soggetto incaricato di quantificare il compenso del curatore, quale è l’autorità competente per decidere a chi il curatore può rivolgersi per il pagamento? Sicuramente non il Giudice Delegato o la Sezione Fallimentare, visto che l'istanza con cui il Curatore chiede porsi il predetto compenso a carico del creditore, del debitore o dell'Erario “non può essere proposta al medesimo giudice mediante l'instaurazione di un procedimento camerale non contenzioso, ma, essendo stato indicato un soggetto controinteressato perché individuato come soggetto tenuto definitivamente al pagamento di tale compenso, dev'essere proposta instaurando un giudizio contenzioso, nel rispetto del principio del contraddittorio, trattandosi di procedura fallimentare non più in corso” (Cassazione 12411/2006 – il caso trattato era l’addebito del compenso del curatore all’Erario). Il Curatore dovrà quindi rivolgersi al Giudice ordinario, individuando fin dall’atto introduttivo il soggetto da lui reputato responsabile del fallimento revocato e quindi tenuto al pagamento. Questo con tutte le difficoltà che deriverebbero, per esempio, da una richiesta di addebito all’Erario, successivamente alla negazione della responsabilità del debitore da parte del giudice ordinario. Nella scelta il Curatore può essere aiutato dalla sentenza della Corte di Appello che revoca il fallimento, la quale potrebbe, o meglio dovrebbe, contenere una specifica dei motivi che hanno erroneamente portato alla sentenza (in caso di revoca della procedura fallimentare “il Tribunale è tenuto a verificare e quindi ad illustrare quale sia stato il contributo causale dei soggetti incidente sulla sua apertura, attesa la normativa applicabile” - Cassazione 6553/2014).
Quanto sopra non vale solo per il Curatore, ma anche per gli altri professionisti che possono aver lavorato per la procedura, quali ad esempio il cancelliere e l’estimatore per la redazione dell’inventario o il legale della procedura. Questi professionisti inoltre, non possono ricorrere al Giudice Fallimentare, al contrario del Curatore, neanche per la quantificazione dell’equo compenso.
Infatti in caso di revoca della procedura fallimentare "l'avvocato che abbia svolto prestazioni professionali in favore della procedura stessa non può richiedere la liquidazione degli onorari agli organi preposti al fallimento, ma deve proporre un'azione ordinaria o avvalersi di rimedi procedimentali speciali previsti dall'ordinamento, per richiedere il pagamento delle proprie spettanze all'Amministrazione dello Stato, tenuta al rimborso (Cass.17/04/2008, n. 10099)
Rimangono invece regolari ed acquisiti gli eventuali acconti pagati al Curatore o ai professionisti in data antecedente alla revoca del Fallimento, ex art. 18 L.F..
È necessaria l’assistenza tecnica del debitore perché:
Tribunale di Vicenza: nulla vieta al debitore di avvalersi, per la redazione del piano, di un soggetto di sua fiducia ma, stante la fattispecie di legge e i compiti di obiettiva affidabilità previsti per l’OCC è quest’ultimo che, in ogni caso, deve fare proprio, se condiviso, il piano redatto dal professionista.
Tribunale di Pistoia 19/11/2014
È possibile sia che:
· Il soggetto si limiti a chiedere la nomina di un professionista che svolge le funzioni di organismo di composizione della crisi e aspetti che quest’ultimo predisponga la proposta di accordo e l’attestazione di fattibilità (anche Tribunale di Firenze);
· Il soggetto affidi la redazione a professionisti di sua fiducia e il piano così predisposto viene fatto proprio così com’è o eventualmente con opportune modifiche a garanzia di fattibilità o attendibilità.
A) SOGGETTI (art. 6)
Il consumatore
La definizione ricalca sostanzialmente quella di cui all’art. 3 del codice del consumo (D.Lgs. 06/09/2005 n.206) di matrice comunitaria: “consumatore è quel debitore che sia persona fisica e che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
Elementi sintomatici:
o Modalità dell’atto concluso;
o Le forme utilizzate;
o Le circostanze di tempo e di luogo di esso allo scopo di verificare se l’oggetto dell’attività possa ritenersi destinato al soddisfacimento di bisogni inerenti la sfera personale o familiare, comunque, privata.
Ne consegue che non è consumatore il soggetto il cui sovraindebitamento derivi da garanzie prestate alle banche perché finanziassero la società di cui il soggetto è socio.
Per la giurisprudenza della Corte Europea e della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 25212/2011) al fine della individuazione della qualità di consumatore, si applica il principio secondo cui la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore, pertanto:
Consumatore: soggetto che ha garantito le obbligazioni derivanti da un atto di consumo
No Consumatore: soggetto gravato da obbligazioni derivanti anche e soprattutto dalla prestazione di garanzie personali nell’interesse di società esercente attività d’impresa.
La procedura del piano del consumatore è caratterizzata dai benefici di una maggior semplicità del procedimento rispetto a quella degli accordi di composizione della crisi e della soggezione al solo controllo del Tribunale sottratta dal vaglio dei creditori: ciò impone che il rapporto di funzionalità al privato consumo delle obbligazioni da ristrutturare, debba essere inteso in senso “stretto e rigoroso”.
Pertanto, l’obbligazione fideiussoria contratta dal socio unico o amministratore unico per assicurare finanziamenti alla società, non può dirsi attinente alla sfera personale e familiare del soggetto.
Per individuare cosa debba intendersi per consumatore, parte dall’esegesi dell’art. 12 bis, comma 3, ”il consumatore ha assunto obbligazioni che pone l’accento più sulla natura dell’obbligazione che sul tipo di soggetto e ne trae quali conseguenze”:
Ciò presuppone:
N.B.: il Tribunale di Rovigo del dicembre 2016 si è adeguato a questa lettura.
Soggetti non fallibili
(N.B.: Tribunale di Firenze: ditta individuale – non è sufficiente dire che non è fallibile e produrre i documenti all’art. 9 comma 3 ma l'OCC deve prendere posizione sul punto).
Hanno fatto ricorso ad un accordo in cui hanno aggregato:
Hanno messo a disposizione un immobile di loro proprietà
Il Piano prevedeva:
Persone fisiche non fallibili in sé, hanno presentato un’istanza di liquidazione del patrimonio con le seguenti caratteristiche:
Non può accedere ad una procedura ex L. 3/2012 il socio illimitatamente responsabile di società di persone perché è assoggettabile al Fallimento ex. Art 147 L.F. anche se si tratta di estensione automatica del fallimento della società.
Peraltro il socio non potrebbe sistemare solo i propri debiti personali atteso che con il suo patrimonio egli risponde anche dei debiti societari sia pur sussidiariamente.
Il Tribunale di Prato è di contrario avviso ed ammette l’accordo.
È consentita la presentazione di un accordo ad una società agricola non fallibile anche se l’accordo prevede il pagamento dei creditori con finanza esterna proveniente dall’esecuzione di una procedura di concordato preventivo di una S.r.l. con i medesimi soci.
Ciò ha comportato:
È ammissibile l’accesso alla procedura da parte dell’ente morale di diritto pubblico costituita con R.d. 28/02/1929 n° 302 che non abbia mai adottato forme privatistiche attraverso le quali perseguire le proprie finalità, che non eserciti attività d’impresa commerciale e, ove l’unica attività economica esercitata sia da ricondurre a quella di carattere agricolo.
Ammesso alla procedura di sovraindebitamento l’associazione no profit “Croce D’Oro” che svolge attività di 118 e Autoambulanze:
Il Piano prevedeva:
La Legge 3/2012 è una norma di chiusura del sistema applicabile a tutte le situazioni non specificatamente regolamentate.
La Legge quadro delle IPAB (D. Lgs. 207/2011) prevede che gli enti pubblici di assistenza e beneficienza dotati di personalità giuridica e che operano in base ad autorizzazione regionale, possono presentare un piano di risanamento che ben può coincidere con l’accordo di ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti di cui alla Legge 3/2012.
Il Tribunale in sede dei reclamo ha accolto il ricorso e dichiarato inammissibile la proposta di composizione della crisi presentata dalla IPAB sulla base del principio (poco condivisibile viste le dimensioni di alcune aziende agricole) secondo cui “la struttura del procedimento, il limitato controllo giudiziale e lo stesso accostamento tra consumatore e l’imprenditore non fallibile sono elementi che, già di per sé, portano a ritenere come il legislatore abbia inteso disciplinare situazioni d’insolvenza civile non particolarmente complesse, riferibili ai cd. Debitori deboli”.
Del resto se il legislatore avesse voluto includere gli enti pubblici lo avrebbe fatto espressamente.
Condivisibile è il richiamo alla normativa regionale successiva che ha disciplinato una sorta di procedura di commissariamento.
B) PROCEDIMENTO (artt. 7-8-9-10)
Documentazione che devono produrre l’imprenditore agricolo o il piccolo imprenditore non fallibile: la semplificazione e agevolazione di cui godono questi soggetti non producono alcuna deroga alla disciplina di composizione della crisi perché operano solo sul piano civile e tributario. Il debitore, a tutela dei creditori deve:
Preservare la propria situazione patrimoniale ed economica in modo trasparente
Ha rigettato per mancanza dei presupposti di legge in quanto il ricorso non precisava scadenze e modalità di pagamento dei creditori, mancanza di firma del garante, mancata dichiarazione dei redditi e mancata indicazione delle spese correnti.
La proposta è inammissibile nel caso di mancata produzione della dichiarazione dei redditi nei termini perché non consente la ricostruzione compiuta della situazione economico patrimoniale e non è consentita neppure la produzione tardiva perché impedisce un esame adeguato della fattibilità del piano da parte dell’attestatore.
Il Tribunale di Firenze consente attualmente l’integrazione salvo che non ricorra il caso di cui all’art. 7 comma 2 lettera d).
Ha ribadito le ragioni dell’opportunità della declaratoria di inammissibilità e i casi in cui vada dichiarata.
L’allocuzione “aver fatto ricorso” nell’art. 7 comma 2 lettera b) è riferibile alle ipotesi nelle quali il debitore abbia quantomeno fruito degli effetti della procedura (Cass. N° 1869/2016): decreto di apertura della liquidazione ex art 14 quinquies, per l’accordo il decreto ex art. 10 comma 2 che inibisce le procedure esecutive e per il piano del consumatore il decreto ex art. 12 bis commi 1 e 2 (eventuali sospensioni di procedure in caso di pregiudizio per la fattibilità del piano).
Se non sono intervenuti tali atti il soggetto può presentare altra domanda prima che decorra il quinquennio.
Tale pronuncia ha chiarito che gli atti in frode compiuti nel quinquennio vanno valutati non dalla data di cessazione degli effetti, ma dalla data del loro compimento (fondo patrimoniale sciolto in prossimità della domanda).
C) SODDISFACIMENTO DEI CREDITORI
Le uniche norme che fissano dei punti fermi sul punto sono:
In pratica si può pagare l’ipotecario in misura non inferiore a quella prevedibile in caso di vendita effettiva o potenziale del bene (se si salva il bene stesso). L’attestazione sul punto è chiesta a pena di inammissibilità (Tribunale di Ravenna, Marzo 2017).
Pertanto riguardo all’accordo e al piano del consumatore (la liquidazione prescinde perché tutto dipende dal ricavato della liquidazione stessa):
Vuoto normativo – divaricazione in dottrina:
In attesa di interventi dirimenti da parte della giurisprudenza o ancor meglio da parte del legislatore “non può che darsi una lettura estensiva delle norme vigenti, improntate al deciso favor nei confronti del consumatore”.
Ciò consente di modulare le percentuali di soddisfacimento a seconda delle situazioni.
È legittimo soddisfare in misura esigua una banca che aveva suggerito investimenti pericolosi da cui aveva lucrato. Aver consigliato di investire un’eredità in obbligazioni della banca invece di estinguere un mutuo corrente. Il rendimento annuo delle obbligazioni e l’aumentare dei tassi variabili hanno determinato il sovraindebitamento.
Salvo il caso in cui vi sia un accordo con il creditore ipotecario, è inammissibile la proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento che prevede il pagamento dilazionato del credito ipotecario, perché tale dilazione equivale a soddisfacimento non integrale né immediato dei privilegiati.
Ha ritenuto ammissibile ed ha omologato il piano che prevedeva la soddisfazione di un creditore privilegiato oltre l’anno di moratoria (azienda agricola che continuava l’attività): considerazione dei tempi di liquidazione dell’asset su cui insisteva privilegio (credito futuro), richiamando la Suprema Corte in materia di concordato in continuità di cui è mutuata la disciplina, il giudice ritiene ammissibili i pagamenti che intervengono nel rispetto dei tempi normali di liquidazione dei beni purché siano previsti interessi compensativi per il maggior termine di dilazione previsto.
17 bis) Tribunale di Rovigo, 13/12/2016: Moratoria annuale secca per il consumatore.
Ammissibile il piano del consumatore che non preveda l’inserimento tra gli asset del Trattamento di Fine Rapporto “in ragione della sua inesigibilità” per l’intera durata del piano.
Il piano è omologabile anche se unico creditore è Equitalia e se è previsto un pagamento parziale attraverso le somme ricavate dalla vendita di un bene avvenuto dopo il deposito del piano ma prima dell’omologa alle condizioni di cui al medesimo piano.
Critiche mosse:
Avendo il piano natura concordataria, la convenienza non è valutata dal giudice ma è rimessa alla valutazione dei creditori con titolo anteriore al momento di apertura del concorso, pertanto qualunque percentuale di soddisfacimento proposta, se votata, soddisfa la funzione economica dell’istituto.
Precisazione dell’OCC: verificare la fattibilità concreta perché scaturisca l’attuabilità dell’accordo e il soddisfacimento dei creditori stante l’esistenza e la consistenza patrimoniale del debitore: se la relazione è ben fatta e coerente, il giudice la può recepire.
Rata di 15 euro mensili per il primo anno, di euro 200 per gli anni successivi e riduzione del debito da euro 43.000 ad euro 11.000. Il debitore non era in grado di formulare migliorativa quindi, stante la contestazione di convenienza andava omologato in relazione alla peggiore prospettiva liquidatoria.
Omologato il piano che prevedeva il pagamento di un mutuo ipotecario nei termini ma non integrale a salvaguardia di un bene essenziale quale la casa di abitazione.
D) ASSET DELL’ATTIVO
In forza dell’art. 8:
Cosa succede se il soggetto (generalmente è un consumatore) abbia ceduto il quinto dello stipendio o della pensione a terzi, tale cessioni è opponibile o no?
La cessione anche se regolarmente notificata deve ritenersi non opponibile alla procedura per vari ordini di motivi:
E) MERITEVOLEZZA (piano del consumatore)
Non è omologabile il piano se il debitore:
Stante l’ampiezza della norma non si possono non comprendere i comportamenti eticamente e socialmente riprovevoli che abbiano un nesso eziologico con il sovraindebitamento (dissipazione di sostanze, rinuncia a proposte di lavoro dipendente, gioco…)
Sovraindebitamento incolpevole: il consumatore è vittima di un accadimento umano relativamente imprevedibile che ha compromesso la capacità di produrre reddito: infortunio che incide sull’abilità al lavoro, perdita dell’impiego per cause non imputabili, difficoltà ad incassare i propri crediti (datore di lavoro che non paga), costi aumentati (es. interessi variabili aumentati per congiuntura economica).
Attualmente si sta temperando l’iniziale rigidità interpretativa:
È esclusa la meritevolezza in caso di ricorso continuo e temporalmente concentrato a più fonti di finanziamento, tali da assorbire l’intero reddito del debitore con l’impegno di restituzione rateale di tutti i debiti: i contratti risultano sottoscritti volontariamente e sono apprezzabili nella loro onerosità.
N.B. 1: Si ritiene che la valutazione della situazione vada fatta preliminarmente anche senza udienza ai fini della ammissibilità, ma un conto è l’ammissibilità e altro caso è il merito – la meritevolezza attiene al merito.
N.B.2: per un riscontro immediato della consapevolezza nell’indebitamento bisogna tener conto del fatto che le società finanziarie individuano, quale limite di indebitamento da non superare per evitare difficoltà nell’inadempimento, la soglia di un terzo del reddito complessivo. È opportuno effettuare le percentuali di incidenza sul reddito degli indebitamenti successivi.
Meritevolezza nel caso in cui l’indebitamento consegue all’assistenza al figlio disabile connessa alla mancata percezione di canoni da parte di inquilini morosi e all’esecuzione nei confronti della moglie fideiussore di una società.
F) OMOLOGA, RISOLUZIONE, ANNULLAMENTO
Omologa
In primo luogo il Giudice deve escludere la sussistenza di atti in frode ai creditori.
Contro tale revoca è ammesso reclamo.
Manca una definizione degli atti in frode
aso: conferimento di un immobile in un trust a favore dei propri figli o comunque dei propri dipendenti: il debitore non aveva figli e non era neppure coniugato. Il giudice ha ravvisato un trust sham, ovvero un trust diretto a sottrarre alla garanzia generica dei creditori i beni oggetto dell’atto di conferimento; il giudice nonostante il raggiungimento delle maggioranze ha revocato il decreto e rigettato la richiesta di omologa.
Deve verificare nell’accordo:
Deve verificare nel piano:
OMOLOGA PIANO
Effetti dell’omologazione del piano:
Vicende patologiche:
Si propone ex. Art 737 c.p.c. contro il provvedimento al Tribunale.
Alcuni ritengono che possa essere proposta la revoca visto il riferimento esteso all’art. 737 ma non è stato ritenuto ammissibile (Tribunale di Firenze) visto che si parla espressamente di reclamo. Con tale mezzo si contesta l’insussistenza dei presupposti genetici.
Ogni creditore può chiederlo se si scopre che il debitore dolosamente o con colpa grave abbia aumentato o diminuito il passivo, sottratto o dissimulato una parte rilevante dell’attivo, dolosamente simulato attività inesistenti: è di stretta interpretazione e può essere promossa entro 6 mesi dalla scoperta e non oltre 2 anni dalla scadenza del termine previsto per l’ultimo adempimento. Sono fatti salvi i diritti di terzi in buona fede.
Ogni creditore può chiederla se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall’accordo, se le garanzie non vengono costituite, se l’esecuzione diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore sempre che, quest’ultimo, con l’ausilio dell’OCC, non decida di modificare la proposta.
Si può proporre entro 6 mesi dalla scoperta e non oltre un anno dalla scadenza del termine previsto per l’ultimo adempimento.
Per il piano del consumatore l’art. 14-bis per i casi di cui ai numeri 2 e 3 disciplina un istituto unico che è quello della cessazione degli effetti dell’omologazione.
Cessazione di diritto dell’efficacia: il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenza previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alla P.A. o agli enti di assistenza e previdenza.
Revoca: se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare i creditori. Il giudice provvede d’ufficio con decreto reclamabile: non è detto che possa sollecitare la decisione pertanto deve ritenersi che la segnalazione può essere effettuata da OCC e dai creditori.